Angelo Perrella
Il sindacalista degli stallini


Il primo Bagnolese ad essere schedato nel “Registro degli oppositori politici” del Ministero dell’Interno fu Angelo Perrella, nato in Bagnoli del Trigno, nella parrocchia di S. Maria Assunta, il 25 marzo 1880 da Felice ed Emilia Filacchione (nella scheda segnaletica del Casellario politico centrale, e a volte anche in altre fonti, è erroneamente indicato come Perella, nato nel 1879).

Emigrato giovanissimo a Roma in cerca di lavoro, come era consuetudine per i Bagnolesi e gli abitanti del limitrofo comune di Salcito fin dal Settecento, Angelo lavorava come stallino, cioè garzone di stalla, presso la Srto, Società Romana Tramways e Omnibus, con sede appena fuori Porta Maggiore in Piazza Caballini al Pigneto, dove, in quello che sarebbe poi divenuto deposito dell’Atac, erano allora ricoverati circa 200 omnibus e tramway ippotrainati e 700 cavalli, che qualche anno dopo sarebbero diventati 2000. 

Il deposito di Porte Maggiore ai tempi della SRTO (1881-1929)
Lo stesso divenuto deposito ATAC (1984)
Nel 1898, a soli diciotto anni, Angelo viene schedato come anarchico.
Erano quelli gli anni della cosiddetta “Crisi di fine secolo” iniziata con la sconfitta militare di Adua e la fine della carriera politica di Francesco Crispi. Alla fine di aprile del 1898 un'ondata di dimostrazioni contro l’aumento del prezzo del pane percorse l’intero paese. In molte città fu dichiarato lo stato d’assedio. A Milano l’8 di Maggio l’esercito, al comando del generale Bava Beccaris, sparò sulla folla provocando molte decine di morti e centinaia di feriti. Eccidi ci furono anche in altri centri. Nei giorni successivi una feroce stretta repressiva estesa a tutto il paese portò allo scioglimento di associazioni sindacali, camere del lavoro, alla chiusura di moltissimi giornali, all’arresto di migliaia di persone, a partire dai dirigenti dei movimenti e dei partiti di opposizione.

A Roma una grave crisi economica si era aperta già da dieci anni prima quando il settore dell’edilizia, dopo la “febbre” speculativa degli anni precedenti, aveva visto il fallimento a catena delle sue imprese e di molte delle banche che le avevano finanziate, con gravissime ripercussioni sull’indotto e sull’occupazione di una manodopera in gran parte costituita da immigrati trasferitisi nella città dalle altre regioni. 

Frequenti furono in quegli anni nella capitale d’Italia scioperi e cortei, assalti a forni e magazzini, con scontri spesso duri con le forze dell’ordine, il cui culmine può essere individuato nella manifestazione di piazza S. Croce in Gerusalemme il primo maggio 1891 nel corso della quale si verificarono duri scontri tra manifestanti e polizia con 2 vittime, una tra i manifestanti e l’altra tra le forze dell’ordine, decine di feriti e centinaia di arresti che portarono a condanne per complessivi 80 anni di carcere.  Il generale aumento dei prezzi dei beni alimentari verificatosi a partire da 1896, aveva poi ulteriormente aggravato le condizioni di vita anche tra la popolazione romana.
Il forte disagio sociale e la particolare conformazione del movimento operaio romano - soprattutto costituito da figure appartenenti non a settori produttivi industriali ma a quelli più legati allo sviluppo urbanistico, ai servizi, al terziario della burocrazia statale, meno organizzativamente e politicamente strutturati - aveva fatto della Roma di fine secolo un centro importante del movimento anarchico italiano che, da quando nel 1872 Errico Malatesta, con Andrea Costa, Carlo Cafiero ed altri, aveva fondato l’Associazione internazionale dei lavoratori (AIL) in opposizione al Consiglio generale di Londra diretto da Karl Marx, aveva egemonizzato in tutto il paese il nascente movimento operaio e socialista, almeno fino alla fondazione del Partito Socialista Italiano nel 1892. A Roma l’anarchismo, soprattutto diffuso tra i lavoratori edili, coinvolgeva tipografi ed altre categorie di lavoratori, tra le quali anche quelle dei vetturini e dei garzoni di stalla.

A questo contesto sociale va connessa la militanza politica e sindacale dello stallino Angelo Perrella puntualmente registrata dagli organi di polizia.
Il settore del trasporto pubblico romano - nel quale soprattutto erano tradizionalmente impiegati Bagnolesi e Salcitani come vetturini e garzoni di stalla - viveva le sue contraddizioni, non solo in relazione alla generale crisi ma anche ad una sua notevole trasformazione ed espansione.
Nel corso della seconda metà dell’Ottocento numerosi erano stati i cambiamenti nel settore. Dapprima il trasporto privato era stato praticamente soppiantato da quello pubblico, trasformando i tradizionali cocchieri al servizio di privati in vetturini da piazza, aumentandone di molto il numero. Alcuni erano “padroncini”, cioè lavoratori autonomi titolari della licenza comunale e proprietari del loro mezzo di trasporto, altri lavoravano alle dipendenze di datori di lavoro proprietari di più licenze, i cosiddetti “industriali”. Dal 1890 esisteva poi la “Società anonima cooperativa fra vetturini”, con sede in via Ottaviano, che raccoglieva circa 400 soci. Negli stessi anni operava anche la “Società di mutuo soccorso “Vetturini di Roma”, con sede in piazza Aracoeli 33, con circa 500 soci. Insieme alla diffusione delle vetture da piazza si era avuta l’introduzione del servizio pubblico collettivo, dapprima con gli omnibus e poi, dal 1877, con i tram a cavallo; infine si era avuta la concentrazione delle piccole imprese del settore in società più grandi, come la Srto, dagli anni Ottanta leader indiscussa del settore.

Questi cambiamenti condussero i vetturini al terreno della lotta sindacale come testimonia la loro massiccia iscrizione alla locale Camera del lavoro già al momento della sua fondazione nel 1892. Tre anni dopo, con oltre 1500 iscritti, formavano la categoria con più iscritti alla CdL, più numerosa di quella dei tipografi e degli edili.
Una serie di vertenze li contrappose all’amministrazione comunale ed anche, nel caso di quelli di loro lavoratori dipendenti, ai loro datori di lavoro. Il 17 aprile del 1887, ad esempio, i vetturini dipendenti scesero in sciopero contro i “proprietari di legni” loro datori di lavoro che pretendevano una maggiorazione delle loro spettanze nei giorni di festa, nonostante la tariffa applicata ai clienti fosse anche in quei giorni quella ordinaria. Nel giugno del 1900 i 15 vetturini in servizio nella scuderia in via Appia Nuova di Giulia Pizzirani, anch’essa di origini bagnolesi, scioperano rifiutando la pretesa della proprietaria di avere corrisposta per tutti i mesi dell’anno la provvigione giornaliera a lei spettante nella misura maggiorata di lire 4,50 contrattualmente prevista unicamente per il mese di Maggio, periodo di maggior afflusso nella città di forestieri.
Inoltre, l’oggettiva concorrenza che si era venuta a creare tra vetturini da piazza – “padroncini” o lavoratori dipendenti che fossero - e conducenti del trasporto collettivo apriva una grave contraddizione all’interno della categoria. Risale all’estate del 1893 lo sciopero dei vetturini da piazza - d’intesa per la verità alquanto corporativa anche con gli “industriali” datori di lavoro di molti di loro - per ottenere dall’amministrazione comunale la limitazione dell’orario di servizio e del numero di passeggeri trasportati dagli omnibus e dai tramvay della Srto, al fine di limitarne la concorrenza esercitata nei loro confronti.
Nel 1901, anche gli stallini della SRTO, riuniti in una “Lega di resistenza dei garzoni di stalla”, regolarmente iscritta alla Camera del Lavoro, intrapresero per la prima volta un’azione sindacale, organizzando uno sciopero per ottenere l’aumento del salario e il miglioramento delle proprie condizioni di lavoro. Gli 80 stallini in forza alla rimessa di piazza Gaballini, entrarono in sciopero il 25 luglio alle quattro del mattino, ora in cui la loro lunga giornata di lavoro aveva solitamente inizio. Chiedevano l’aumento del salario giornaliero da 2 a 2,30 lire (il pane costava circa 40 centesimi al chilo) e che non fossero più di 6 i cavalli che ciascun di loro avrebbe dovuto accudire quotidianamente. La direzione aziendale rispose sostituendo immediatamente gli scioperanti con altri lavoratori crumiri reclutati da altre città.
Segretario della Lega di resistenza dei garzoni di stalla, poco più che ventenne, era proprio il nostro Angelo Perrella. Fu lui, insieme ad un rappresentante della Camera del Lavoro, a condurre la trattativa con la direzione dell’azienda, interloquendo con la prefettura e con la stampa. Così il giovanissimo sindacalista bagnolese scriveva sull’Avanti del 27 luglio di quell’anno:

"Caro Avanti,
circa lo sciopero di questa sventurata classe di lavoratori, dobbiamo rettificare quanto da te è stato detto in rapporto alla questione del salario: i garzoni di scuderia hanno domandata la giornata di lire 2,30 e non di 2,25; oltre a ciò, essi che hanno presentemente il gravoso servizio di molti cavalli, chiedono di averne solo 6, compreso il cambio che deve effettuarsi nelle diverse stazioni dei tram e degli omnibus tutti i giorni e con qualunque tempo.
Gli scioperanti mantengono un contegno calmo e dignitoso, e non hanno che parole di pietà per quei loro fratelli che incoscientemente sono andati a rimpiazzare i loro posti. Questo fatto è davvero deplorabile tanto più che questi krumiri sono tutti operai, cantonieri, manescalchi, verniciatori, lavatori, ecc., taluni dei quali appartengono alla Lega dei tramvieri.
Noi facciamo appello al Consiglio direttivo della lega suddetta perché consigli ai suoi associati di far rispettare la loro dignità di uomini e di lavoratori."

L’azione sindacale svolta da Angelo nell’ambito della Lega dei garzoni di stalla – come si vede improntata al confronto pacifico in difesa della dignità dei lavoratori ed addirittura alla pietà verso i crumiri - era strettamente connessa alla sua militanza nel movimento anarchico romano e nazionale. 

Tra il 1902 e il 1903 lo ritroviamo amministratore responsabile del settimanale romano socialista-anarchico “L’Agitazione”. 

Il titolo del periodico, lo stesso del settimanale fondato dal padre dell’anarchismo italiano, Errico Malatesta nel 1897 ad Ancona, ci dice che nel contrasto che allora divideva il movimento anarchico italiano, tra individualisti insurrezionalisti  e fautori di un più evidente carattere socialista dell’anarchismo che subordinava il momento insurrezionale all’azione quotidiana all’interno del movimento popolare e delle sue organizzazioni sindacali, Angelo Perrella aveva scelto la posizione del socialismo anarchico di Malatesta. La presenza nella redazione romana de “L’Agitazione” di Luigi Fabbri, vero e proprio modernizzatore del pensiero anarchico tradizionale, favoriva poi l’ulteriore aggiornamento dell’astrattezza rivoluzionaria malatestiana alle luce delle necessità poste dal cambiamento storico, soprattutto in ordine ai temi dell’organizzazione politica legati all’irruzione delle masse popolari nell’agone politico di un sistema liberale.
Già nel 1897, del resto, proprio a Roma era nata la “Federazione socialista anarchica del Lazio” che, rivendicando il diritto degli anarchici di costituirsi in partito, pur ribadendo l’astensionismo elettorale e l’antiparlamentarismo, rifiutava la violenza come strumento di lotta politica e la sostituiva con le «le armi civili» dell’associazionismo sindacale, dell’organizzazione della propaganda e dell’azione popolare collettiva. Fu la decisione di Angelo ad imbracciare queste “armi civili” - che per noi oggi costituiscono un ovvio diritto di cittadinanza - a costargli l’immediata schedatura nel “Registro degli oppositori politici” del Ministero dell’Interno.

Nel 1903 i tipografi romani, nonostante la solidarietà ricevuta dalle altre leghe ed unioni di mestiere e dalla stessa Camera del lavoro che, soprattutto su pressione di anarchici e sindacalisti rivoluzionari, aveva indetto a loro sostegno lo sciopero generale cittadino, uscirono pesantemente sconfitti dalla vertenza che avevano ingaggiato con il padronato. Furono di conseguenza costretti ad accettare una giornata di lavoro di 10 ore, il licenziamento senza preavviso, la rescissione del contratto in caso di malattia.
L’anno successivo, dopo gli eccidi perpetrati dalle forze dell’ordine tra Maggio e Settembre contro contadini e minatori in agitazione in Puglia, in Sardegna e in Sicilia che causarono complessivamente 9 morti e 35 feriti, il 15 settembre la Camera del Lavoro di Milano proclamava il primo sciopero generale nazionale della storia d’Italia che rapidamente si estese a tutto il paese.
In questo clima infuocato, tra l’Aprile e l’Agosto 1904 si apriva un’altra fase di vertenze sindacali nel mondo dei trasporti capitolini in rapida trasformazione. La Srto aveva portato ormai molto avanti il processo di elettrificazione delle sue linee di trasporto, iniziando a svuotare progressivamente il deposito del Pigneto da cavalli e garzoni di stalla e a sostituire i vetturini con conducenti di tram elettrici  e fattorini.  Quello sarà l'anno in cui anche gli ultimi tram a cavalli saranno messi fuori esercizio. Il personale, ora organizzato in un sindacato nazionale, presentò una vera propria moderna piattaforma rivendicativa che, aldilà delle pure e semplici rivendicazioni salariali, spaziava dall’introduzione dell’assistenza sanitaria e di altre forme di previdenza, alla normativa sulle assunzioni ed alla regolamentazione del lavoro festivo e straordinario.
Angelo, intanto, aveva risposto alla crisi occupazionale dei garzoni di stalla della Srto, divenendo vetturino da piazza. Come tale lo ritroviamo, nel gennaio 1904, protagonista della vertenza sindacale che opponeva la “Lega di resistenza dei vetturini” al “Circolo dei proprietari delle vetture pubbliche”. Con il concordato che ne seguirà i vetturini ottengono, in particolare, che la retta giornaliera da corrispondere al proprietario fosse di lire 3,75; che l’orario di lavoro non superasse le 12 ore da febbraio a giugno, rendendo volontaria da parte del vetturino l’estensione del suo orario di lavoro fino a 18 ore negli altri mesi; che il mantenimento del cavallo, a carico del proprietario, prevedesse la somministrazione quotidiana di 7 chili di biada e 5 di fieno di buona qualità. Lo stesso concordato prevedeva però anche che in caso di vendita di un servizio o di morte del cavallo il vetturino sarebbe rimasto disoccupato, salvo mantenere il diritto di anzianità per una nuova assunzione in relazione a posti che si sarebbero in seguito eventualmente resi disponibili.
Così il questore di Roma, riferendo al prefetto della riunione dei vetturini tenuta ai primi di gennaio nella tipografia S. Bartolomeo dei Vaccinari per discutere della piattaforma rivendicativa, descrive l’atteggiamento del nostro Angelo in quella circostanza:

"Dopo ampia discussione, e sebbene taluno dei vetturini, come il noto anarchico Perrella Angelo, propendesse per lo sciopero immediato, prevalse l’idea di diramare circolare ai proprietari per invitarli a dichiarare se intendono mantenere i patti stabiliti nel 1902 e se accettano di dare ad essi forma legale."

L’atteggiamento più intransigente del sindacalista bagnolese era molto probabilmente legato non solo alla sua collocazione ideologica - che possiamo definire anarcosindacalista,  a mezzo tra l’anarchismo “moderato” malatestiano e il sindacalismo rivoluzionario di Arturo Labriola e della sinistra socialista - ma in particolare al fatto che le richieste di maggiore rilievo presenti nella piattaforma sindacale, quali quelle della regolamentazione dell’emissione delle licenze, il passaggio alla proprietà individuale delle stesse, la concorrenza esercitata dal trasporto pubblico della Srto, che pur indicate tra quelle da sottoporre all’attenzione del municipio, furono poste in subordine nella trattativa e di fatto espunte dal successivo concordato firmato il 10 del mese.

Al Convegno anarchico laziale tenutosi a Roma nel 1905 Angelo Perrella partecipa da protagonista. Come riportato ne “Il Messaggero” del 14 novembre 1905, egli partecipa attivamente alla discussione in tutte le sessioni del convegno, sui temi del programma di partito, dell’organizzazione della Federazione laziale, riguardo al ruolo delle organizzazioni di mestiere ( le leghe), sulla vita e il finanziamento del giornale “L’agitazione”, intervenendo più volte.
Soprattutto propone due risoluzioni, che vengono entrambe approvate all'unanimità. Con la prima, presentata con Luigi Fabbri, viene ribadito il programma del partito già discusso e a approvato tre anni prima, tagliando il capitolo sulla violenza.
La seconda, molto importante dal punto di vista sindacale, riguardava la partecipazione degli anarchici alle associazioni di mestiere e il loro ruolo all’interno di esse. Secondo il relatore  Melinelli,  era opportuno partecipare alle organizzazioni di resistenza unicamente “per togliere loro il carattere autoritario e legalitario trasformandole invece in organismi rivoluzionari” senza che gli anarchici assumessero mai in esse cariche sociali. Al termine di un lungo  dibattito  Angelo Perrella propone, con Umberto Merlini, una risoluzione di mediazione. In essa, pur ribadendo l’opportunità di partecipare alle organizzazioni operaie con “tattica intransigente” e “senza menomare la coerenza anarchica”, si lasciava libertà ai gruppi e ai singoli di accettare o meno cariche sociali a seconda delle circostanze.



 Nel settembre 1911 si riunisce a Roma il II Congresso anarchico italiano che in realtà, per scarsità di adesioni sarà soprattutto una riunione del movimento romano. Gli organizzatori chiamano a congresso esplicitamente soltanto la frazione socialista-anarchica, ora denominata comunista- anarchica, ritenendo inutile continuare il confronto con gli anarchici individualisti dimostratosi già sostanzialmente sterile nel primo congresso, quello del 1907.  Angelo Perrella è membro della Commissione esecutiva del congresso, insieme alle principali figure dell’anarchismo romano, da Ettore Sottovia, a Eolo Varagnoli, Aristide Ceccarelli, Spartaco Stagnetti, Temistocle Monticelli ed altri, nella gran parte anarchici malatestiani. Angelo è allora segretario della “Lega dei conducenti di autoveicoli”. Nel novembre del 1912, i sindacalisti rivoluzionari fondano l’Unione Sindacale italiana in contrapposizione alla riformista Confederazione Generale del Lavoro. All’USI aderiscono anche gli anarcosindacalisti di Roma. Nel congresso dell’organizzazione svoltosi l’anno successivo Angelo Perrella sottoscriverà, con Ettore Sottovia e molti altri, la seguente lettera:

A questo congresso dove sono convenute tutte le forze rivoluzionarie del proletariato italiano, rimandiamo il nostro saluto unito a quello di tutto il proletariato rivoluzionario romano. Auguriamo sinceramente che da questo Congresso l’Unione Sindacale Italiana esca rafforzata di numero e di energia e che liberata da tutti i falsi pastori, possa in tempo non lontano, combattere le più belle battaglie per la redenzione del proletariato. A voi tutti o compagni vi salutiamo gridando: Viva il Sindacalismo. Viva lo Sciopero Generale.

Non abbiamo, al momento, altre informazioni su Angelo Perrella successive al 1913. Sappiamo solo dal Casellario politico centrale che il Ministero dell’Interno continuò ad interessarsi a lui fino al 1931, quando il sindacalista bagnolese aveva 51 anni.


Fonti e bibliografia

Archivio Centrale dello Stato, Casellario politico centrale, busta 3853.

Il Messaggero - Archivio storico, annate 1898 - 1913.

Elisa Bizzarri, Carrozze e tramvai. I trasporti pubblici romani attraverso le associazioni di categoria (1850 – 1940), in Il Lazio. Istituzioni e società nell’età contemporanea, vol. II, a cura della Fondazione Pietro Nenni, Gangemi Editore, Roma 1993, pp. 101-204.

Roberto Carocci, Roma sovversiva, Anarchismo e conflittualità sociale dall'età giolittiana al fascismo (1990-1926), Odradek editore, Roma 2012.     

Pasquale Iuso, Il movimento anarchico romano tra organizzazione e individualismo,  in Il Lazio. Istituzioni e società nell’età contemporanea, cit., pp. 205-259.